Dal Web al Social Commerce: il nuovo volto del marketing digitale

- Comunicazione, Marketing, Social Media, Web
Tabella dei Contenuti
Ogni anno, il 1° agosto, celebriamo la Giornata mondiale del Web, un’occasione per guardarsi indietro e rendersi conto di quanto lontano siamo arrivati. Era il 1989 quando Tim Berners-Lee propose per la prima volta un sistema per collegare informazioni tramite “link”, gettando le basi di quello che oggi chiamiamo World Wide Web. E nel 1991, proprio il primo agosto, il Web diventava accessibile al pubblico. Un piccolo passo per un programmatore, un gigantesco salto per l’umanità intera.
Da allora è cambiato tutto.
Il modo in cui ci informiamo, parliamo, lavoriamo, studiamo. E ovviamente, anche il modo in cui vendiamo e compriamo. Quello che prima era solo un contenitore di testi e link è diventato uno spazio multimediale, istantaneo. Un posto dove i brand non si limitano a mostrare prodotti, ma raccontano storie, costruiscono community, instaurano relazioni.
Oggi, il web, è diventato il cuore del marketing moderno, che sempre più spesso si fonde con i social media. La linea di confine tra Web e Social si è fatta sottile, sfumata.
E proprio da qui parte il nostro viaggio, in questo articolo: da quel primo www pubblicato al mondo al social commerce di oggi, passando per l’evoluzione del marketing digitale che ha saputo reinventarsi, adattarsi, trasformarsi.
Dal Web 1.0 ai social: come è cambiato il modo di comunicare e vendere online
Se ti ricordi com’era Internet nei primi anni 2000, ti verrà quasi da sorridere. Siti statici, testi infiniti, poche immagini, zero interazione. Il Web 1.0 era una sorta di grande biblioteca online, dove le aziende pubblicavano informazioni e gli utenti leggevano.
Fine della storia.
Nessun commento, nessuna condivisione, nessuna conversazione. Un marketing ancora molto simile a quello tradizionale: un messaggio, un mittente, tanti destinatari passivi.
Poi è arrivata la rivoluzione del Web 2.0 e tutto è cambiato. Gli utenti hanno iniziato a generare contenuti, a dialogare con i brand, a influenzarsi tra loro. I blog, i forum, YouTube, Facebook, Instagram… È iniziata l’epoca della connessione continua, dove ogni utente può essere anche creatore, recensore, venditore, influencer…
Con questa trasformazione, anche il modo di fare marketing ha dovuto adeguarsi. Non si trattava più solo di mostrare un prodotto, ma di costruire una relazione. Di ascoltare, rispondere, coinvolgere. Di raccontare una storia, creare fiducia, stimolare il passaparola. Il consumatore non era più “lì fuori”, ma dentro la rete, attivo e connesso.
E poi sono arrivati i social network a cambiare di nuovo le regole del gioco. In poco tempo, la comunicazione si è fatta visiva, istantanea, mobile. Il tempo di attenzione è calato, ma le aspettative sono salite. Chi naviga oggi si aspetta esperienze rapide, autentiche e personalizzate. Vuole scoprire un prodotto e magari acquistarlo senza mai uscire dall’app, con un click, tra una storia e un reel.
Insomma, siamo passati da un Web “da leggere” a un Web “da vivere”.
E oggi, con il boom del social commerce, siamo entrati in una nuova fase, dove comunicazione e vendita convivono nello stesso spazio, in tempo reale.

Il marketing oggi è… Social-native!
Oggi il marketing digitale nasce sui social. È lì che prende forma, cresce, si trasforma. I social network non sono più solo luoghi dove ci si intrattiene: sono diventati spazi di scoperta, ispirazione e acquisto. Le persone scrollano, guardano, cliccano, comprano. Tutto senza mai uscire da Instagram, TikTok o Pinterest. E questo cambia tutto.
Una volta si pensava al sito web come punto d’arrivo, oggi invece spesso è un punto intermedio, o addirittura superfluo. Il percorso d’acquisto si è accorciato, reso più fluido e meno lineare.
Gli utenti scoprono un prodotto in una storia, leggono i commenti sotto un post, si fidano del consiglio di un creator, cliccano sul tag, comprano. Fine.
Ecco che il contenuto è il re, ma il contesto è la regina. Non basta creare belle immagini o scrivere caption sexy… Bisogna capire dove, come e quando il messaggio raggiunge l’utente.
Un reel su TikTok segue logiche completamente diverse da una gallery su Instagram o da un video su YouTube Shorts. Ogni piattaforma ha il suo linguaggio, il suo ritmo, il suo pubblico.
Il marketing oggi non può più essere “adattato” ai social: deve nascere lì, pensato sin dall’inizio per quel tipo di esperienza. È un marketing nativo, pensato per scorrere veloce tra un contenuto e l’altro, ma anche capace di catturare l’attenzione in mezzo a mille stimoli.
E poi c’è un altro aspetto fondamentale: la community.
I social non sono solo vetrine, ma luoghi dove si creano legami. Dove il rapporto con i clienti non si basa solo sul prodotto, ma sulla fiducia, la trasparenza, l’identificazione. Chi riesce a costruire una community attiva ha in mano un valore enorme: persone pronte a supportare, condividere, consigliare.
Ecco perché oggi si parla di social commerce. Non è solo questione di vendere, ma di farlo all’interno di una relazione viva e partecipata. Un’esperienza d’acquisto che nasce in un contesto familiare, emotivo, immediato.
Cosa cambia per le aziende? Bisogna pensare in ottica omnicanale
Per le aziende, questa trasformazione non è solo un cambio di piattaforma. È un cambio di mentalità. Non basta “esserci” online, serve esserci in modo costante e strategico, su più canali, con un messaggio integrato.
In altre parole, serve un approccio omnicanale.
Chi pensa che basti avere un sito ben fatto e qualche post su Instagram rischia di restare indietro. Il cliente oggi si muove con fluidità tra sito web, social, messaggistica, e-commerce, newsletter e recensioni. Non ha un percorso fisso, ma si lascia guidare da stimoli diversi: un video, un messaggio, un’emozione. Si aspetta che l’esperienza sia continua, coerente e senza intoppi.
Un utente può scoprire il brand su TikTok, salvare un prodotto su Instagram, fare una domanda su WhatsApp, leggere le recensioni su Google e concludere l’acquisto dal sito. O magari nemmeno passare dal sito e finalizzare tutto su Facebook Shops o Amazon. L’importante è che l’identità del brand sia riconoscibile in ogni tappa, con uno stile, un tono di voce, un’esperienza visiva e relazionale uniforme.
Questo vuol dire lavorare su tanti fronti: contenuti, customer care, strumenti digitali, community management, automazioni, dati. Vuol dire anche accorciare i tempi di risposta, personalizzare le comunicazioni, costruire fiducia.
E no, non si tratta solo di “fare pubblicità su più canali”. L’omnicanalità non è sommare strumenti, ma fondere esperienze. È creare un ecosistema dove il cliente si muove in modo naturale, senza sentire mai una frattura tra un canale e l’altro.
Le aziende che riescono in questo sono quelle che oggi crescono davvero. Perché non vendono solo prodotti, ma offrono esperienze fluide, emozionali, coerenti. Sono brand che si fanno trovare nel momento giusto, nel modo giusto, con il messaggio giusto.

Dalla comunicazione alla conversione: il funnel si accorcia
Un tempo si parlava tanto di funnel di vendita, inteso come quel percorso che portava una persona dal primo contatto con il brand all’acquisto finale. Era un viaggio a tappe, ordinato, con fasi ben distinte: awareness, interesse, decisione, azione. Oggi, quel modello c’è ancora… Ma è diventato molto meno lineare.
Con i social e l’integrazione tra contenuti e e-commerce, quel funnel si è accorciato, spezzato, trasformato. Le persone possono passare dal “non conosco questo brand” al “sto per acquistare” in meno di un minuto. Basta un reel virale, un codice sconto in bio, un prodotto visto indossato da un influencer.
La comunicazione è diventata conversione. Non c’è più un prima e un dopo: è tutto qui, tutto adesso. Un post può informare, emozionare, convincere e portare all’acquisto. Una chat automatica può trasformarsi in un ordine concluso. Una live può generare vendite real-time.
In questo nuovo contesto, le aziende devono cambiare approccio: ogni contenuto deve avere un potenziale valore commerciale, ma senza perdere autenticità. Non è questione di “spingere a vendere”, ma di creare esperienze che fanno venir voglia di acquistare, che semplificano il percorso, che accompagnano con naturalezza.
Ecco perché oggi si parla tanto di customer journey fluido, dinamico, integrato. Non si tratta solo di creare una bella vetrina digitale, ma di costruire un ecosistema di contenuti, relazioni e strumenti che agevolano il passaggio da curiosità a scelta, da scelta a conversione.
E attenzione: non si vende solo il prodotto, ma tutto quello che lo circonda. Il valore percepito nasce dalla storia, dalla community, dall’interazione. In pratica, la conversione non è più un traguardo, ma parte dell’esperienza.
In poche parole: il Web non è morto, è cambiato
C’è chi dice che il Web sia finito. Che oggi conti solo ciò che succede su TikTok o Instagram. Che i siti non servano più, che basti un canale social per vendere.
Ma la verità è che il Web non è morto, semplicemente è cambiato.
Tanto.
Quello che un tempo era un luogo da navigare con lentezza e curiosità oggi è diventato parte di un ambito più ampio, dove tutto (contenuti, interazioni, acquisti) avviene in tempo reale e spesso nello stesso ambiente. Non c’è più una barriera tra “web” e “social”. Le due dimensioni si sono fuse in un’unica esperienza digitale.
Non possiamo più ragionare in termini di “social vs. web”: oggi è tutto connesso. Il sito serve ancora, e nemmeno poco. È la casa digitale del brand, il punto di riferimento per chi cerca approfondimento, garanzie, servizi. Ma da solo non basta più. Serve un dialogo continuo con i social, con le community, con gli ambienti in cui le persone vivono davvero la loro vita online.
Il futuro del marketing digitale è ibrido, fluido e come abbiamo già sottolineato… Omnicanale. È fatto di strategie che mettono al centro l’esperienza utente, che sfruttano l’intelligenza dei dati senza perdere l’anima del racconto. È un marketing che informa, coinvolge, emoziona, converte. E lo fa con naturalezza, dentro un reel o tra le righe di una newsletter, dentro una live o su una pagina prodotto.
Le aziende che stanno crescendo oggi sono quelle che non hanno paura di cambiare pelle, che capiscono che il sito non è più un punto d’arrivo, ma parte di un viaggio. Che non usano i social solo per pubblicare offerte, ma per costruire connessioni vere. Che sanno ascoltare, rispondere, evolversi.
In fondo, ogni epoca ha avuto il suo modo di comunicare. Il passaggio dal Web 1.0 al social commerce è solo l’ennesima tappa di un’evoluzione che continuerà. Chi fa impresa deve saper leggere i segnali, anticipare i bisogni, mettersi in gioco.
Perché restare fermi oggi è l’unico vero pericolo.
Quindi no, il Web non è finito. Si è solo trasformato. E se impariamo a pensarlo come parte di un sistema, e non come qualcosa di isolato, possiamo usarlo per crescere davvero.
Per noi di Softweb, la Giornata mondiale del Web è l’occasione perfetta per guardare avanti, con un occhio grato al passato ma lo sguardo fisso sul futuro. Un futuro fatto di integrazione, relazione, fluidità e tanta voglia di continuare a connetterci, meglio e di più.
